Un vertice per ricomporre le tensioni che agitano la maggioranza e trovare la quadra della manovra. Sarà “per affrontare alcuni temi dirimenti“, come spiegavano ieri sera fonti del governo, che questa sera Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Matteo Salvini si troveranno a Palazzo Chigi con il ministro dell’Economia Giovanni Tria, i sottosegretari Garavaglia e Castelli e il titolare dei rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro. Un summit allargato in cui si toccherà la carne viva della legge di bilancio, necessario dopo gli scontri consumati nelle ultime ore tra le due anime dell’esecutivo sull’ecotassa, preceduto dall’ultima stoccata proveniente dal fronte leghista: “Il reddito di cittadinanza non c’è – ha detto il sottosegretario leghista Armando Siri a La Stampa – impossibile partire ad aprile”.
La corsa contro il tempo è iniziata. Mancano 16 giorni all’esercizio provvisorio e l’esame in commissione a Palazzo Madama non è ancora iniziato. Il testo è bloccato dalla guerra di nervi che M5s e Lega si stanno facendo, l’uno per costringere l’altra a mollare sulle rispettive misure bandiera. Per evitare la procedura di infrazione mancano 5 miliardi e né i 5 Stelle vogliono modificare i programmi sul reddito di cittadinanza, né il carroccio intende fare passi indietro sulla quota 100. Salvini non ne vuole sapere – racconta chi gli ha parlato – di ulteriori concessioni e limature a misura annunciata per superare le riforma delle pensioni firmata da Elsa Fornero. Rispetto alle stime iniziali, è il ragionamento, si contano due miliardi di risparmi nel 2019 e tanto deve bastare. Soprattutto, il vicepremier leghista non è disposto a caricarsi un peso superiore a quello dell’alleato per fra quadrare i conti con l’Europa.
Alla fine, con molta probabilità, per evitare di sforare le tempistiche previste finirà con un maxiemendamento che il governo porterà in Senato tra martedì e mercoledì, in piena zona Cesarini. Ma proprio l’esercizio provvisorio, che nei fatti porta a congelare le spese e che in genere viene guardato con timore e sospetto, sarebbe stato uno scenario che il segretario della Lega, si racconta in ambienti della maggioranza, non avrebbe esitato ad utilizzare come minaccia nei confronti dell’alleato in queste ultime ore. Alleato che, per parte sua, non vede margini per rivedere al ribasso il reddito di cittadinanza. “Io il contratto l’ho firmato con Salvini e nel contratto c’è il reddito di cittadinanza”, replicava ieri il leader M5s riferendosi ai dubbi espressi dal sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Ufficialmente Salvini era corso a rassicurarlo – “Quello che c’è nel contratto io lo rispetto” – ma oggi dal fronte leghista arriva un nuovo affondo.
“Il grande equivoco è parlare di una cosa che ancora non c’è e cioè il reddito di cittadinanza – spiega Siri in un’intervista al quotidiano torinese – nella legge di bilancio stiamo predisponendo dei fondi, ma la discussione è tutta da fare, e la faremo a gennaio con i decreti attuativi”. Per il sottosegretario, quindi, fatti concreti su questo fronte non ci sono ancora. “del resto – prosegue siri – l’erogazione è prevista da aprile, ma a quella data i centri per l’impiego non saranno pronti. Dunque se si vuole partire bisogna trovare una strada alternativa“. Che può essere quella prevista da una proposta del Carroccio, secondo cui “il reddito sia erogato dalle imprese a chi intraprende un periodo di formazione in azienda”. E al giornalista che gli fa notare che non si tratterebbe più del reddito di cui il M5s parla da anni Siri replica: “Le cose possono anche evolvere”.
“Mi fido nel fatto che chi è al governo voglia realizzare quello che abbiamo scritto nel contratto“, scrive Di Maio in un post apparso questa mattina sul Blog delle Stelle. “La manovra contiene le coperture per scongiurare l’aumento dell’Iva, l’aumento delle pensioni minime e di invalidità, il superamento della Fornero con quota 100, il Reddito di Cittadinanza, meno tasse per le partite Iva – argomenta il vicepremier M5s – Questa manovra rappresenterà l’inizio della svolta rispetto al passato. Un passato in cui i precedenti Governi hanno preferito strizzare l’occhio ai soliti noti, chiedendo invece sacrifici ai cittadini”. “Noi non lo abbiamo fatto e, per la prima volta, siamo davanti ad una manovra che non fa pagare il popolo: per questo la criticano”.
Questa sera sul tavolo a Palazzo Chigi ci sarà ovviamente anche l’ecotassa, né la Lega né i Cinquestelle sembrano per ora intenzionati a fare un passo indietro. Ancora oggi Salvini ha messo in chiaro: “Non ci sarà nessun tassa sulle nuove auto. Non c’è nel contratto di governo. Posso dirlo sia a nome mio e sia del Movimento 5 Stelle che non ci sarà nessuna nuova tassa sulle auto”, ha detto il ministro dell’Interno e vicepremier a margine del suo intervento alla scuola di formazione politica della Lega.
Senza contare gli allarmi che arrivano dal mondo delle imprese, tanto caro al Carroccio. Secondo la Cgia di Mestre, ad esempio, la legge di Bilancio costerà alle aziende italiane la bellezza di 4,9 miliardi nel 2019, di cui 3,1 miliardi graveranno sulle imprese non finanziarie e 1,8 sugli istituti di credito e le assicurazioni. “Grazie all’aumento della deducibilità dell’Imu sui capannoni, al ripristino delle detrazioni sulla formazione 4.0 e all’impegno di abbassare i premi Inail, alla Camera la maggioranza ha diminuito, rispetto al testo uscito da Palazzo Chigi, da 6,2 a 4,9 miliardi l’aggravio sulle imprese provocato dalla manovra. Uno sforzo importante, ma non ancora sufficiente“, spiega il coordinatore, della Cgia, Paolo Zabeo. Che avvisa: “Le aspettative degli imprenditori, in particolar modo in materia fiscale, sono state ampiamente disattese“. Un allarme che Di Maio e Salvini non possono ignorare.
L'articolo Manovra, in serata il vertice per chiudere Salvini: “Nessuna nuova tassa sull’auto” Di Maio: ‘Mi fido degli alleati di governo’ proviene da Il Fatto Quotidiano.
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