Per evitare “qualsiasi incidente in futuro” il ministro francese dei Conti pubblici, Gérald Darmanin, dice che le autorità parigine sono a disposizione per chiarire “il quadro giuridico e operativo nel quale i doganieri francesi possono intervenire sul territorio italiano”. Ed è attorno a questo che si gioca l’affaire legato ai controlli effettuati su un migrante dalla polizia francese nel locale di Bardonecchia usato dalla ong Rainbow4Africa.

Sono circa le 19 di venerdì quando i doganieri entrano nel locale. Secondo la versione di Darmanin, gli agenti “in uniforme” della brigata ferroviaria di Modane hanno individuato a bordo di un treno Tgv Parigi-Milano, un passeggero, di nazionalità nigeriana e residente in Italia, “sospettato di trasportare stupefacenti“. In base al codice doganale, prosegue la ricostruzione del ministro francese, gli agenti “gli hanno chiesto se acconsentisse a un test delle urine per individuare eventuali stupefacenti. L’uomo ha accettato per iscritto”.

Per realizzare questi controlli “in condizioni di rispetto della persona”, gli agenti hanno atteso che il treno arrivasse a Bardonecchia “per utilizzare il locale della stazione che è a loro disposizione”, in base a un “accordo Italia-Francia del 1990 sulla coopreazione transfrontaliera”. I doganieri, sempre secondo la ricostruzione dei francesi, hanno quindi chiesto e ottenuto di poter usare il bagno dello stesso locale. “Il controllo è poi risultato negativo. Tuttavia – spiega ancora il ministro in una nota – alcuni membri dell’associazione sono rimasti turbati da questo controllo e hanno chiesto che la persona controllata restasse con loro al termine del test”.

Di segno opposto la ricostruzione di una testimone e di legali vicini alle ong. Innanzitutto, secondo gli avvocati, l’accordo italo-francese sulla cooperazione transfrontaliera in materia di polizia e dogana in vigore è quello firmato a Chambéry il 3 ottobre 1997, non quello del 1990. E in ogni caso, spiegano i legali, l’intesa “non prevede l’imposizione di analisi mediche e accertamenti sanitari come quelli svolti venerdì sera a Bardonecchia”. Rispetto alla versione ufficiale dettata da Parigi, è profondamente diversa anche la ricostruzione dei fatti fatta da Caterina, una volontaria di Rainbow4Africa.

“Eravamo in questa stanza, sono arrivati all’improvviso, hanno fatto irruzione”, spiega la donna. Gli agenti francesi, a suo avviso, hanno costretto il giovane nigeriano a seguirli nel locale e a sottoporsi al test delle urine: “Veniva da Parigi ed era diretto verso Napoli non stava andando in Francia – sostiene – Tremava, aveva paura. Quando un nostro mediatore culturale ha fatto notare agli agenti che non si stavano comportando nel modo giusto, per risposta gli hanno detto di stare zitto”. I doganieri, sempre secondo Caterina, avrebbe fornito delle “basi” con le quali giustificare l’intervento diverse da quelle indicate dal ministro francese: “Hanno sostenuto che per una concessione delle Ferrovie del 1963 potevano utilizzare quel locale e hanno detto che non avevamo diritto di sindacare sul loro operato. È stato allora che abbiamo chiamato il sindaco e poi la nostra polizia”.

L'articolo Bardonecchia, blitz della polizia francese. Parigi: “Frutto di accordo del 1990”. Ong: “In vigore un altro e non prevede test” proviene da Il Fatto Quotidiano.



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