febbraio 2019

Meteo, le previsioni di domani venerdì 1° marzo

Primi segni di cedimento dell’alta pressione sotto la spinta di una perturbazione nord atlantica. L’impulso è piuttosto modesto e interesserà principalmente il Sud e il medio versante adriatico. Graduale miglioramento nel weekend  LE PREVISIONI

Parole chiave: meteo previsioni venerdì


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Quattro mesi di reclusione commutati in 9mila euro e 50 di multa. E’ quanto stabilito dal tribunale di Forlì nel decreto penale di condanna per la militante Selene Ticchi D’Urso che il 28 ottobre 2018 a Predappio, durante la manifestazione dei nostalgici della marcia su Roma, indossò una maglietta con la scritta Auschwitzland. A confermare la notizia è stata l’Anpi, a cui l’atto è stato notificato, in quanto persona offesa.

“Si tratta dunque”, si legge sempre sul profilo Facebook dell’Anpi, “di una sentenza che dà ragione all’Anpi nazionale e a tutti coloro che hanno denunciato il reato, una sentenza che rispetta le leggi vigenti, a cominciare dalla legge mancino, e rispetta la XII disposizione finale della Costituzione che vieta la ricostituzione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista”.

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Torna in tv Jessica Fletcher, la detective più amata del piccolo schermo. Il celebre telefilm “La Signora in Giallo” sarà infatti in onda dal 9 marzo al 5 aprile, con una maratona non stop sul canale FoxCrime+1 che per l’occasione cambierà nome in 100% Giallo e trasmetterà tutti i 264 episodi della serie dedicata alle avventure dell’anziana scrittrice che si improvvisa puntualmente detective per aiutare la polizia a risolvere i casi che succedono a Cabot Cove, la cittadine del Maine, in Usa,  dove vive.

La serie tv cult si compone di dodici stagioni, dal 1984 al 1996, 264 episodi in cui la protagonista, scrittrice di romanzi gialli, si trova guarda caso sempre nei paraggi quando ci scappa il morto. Il canovaccio della serie è rimasto immutabile per dodici anni, eppure il pubblico non si è mai stancato di seguire le avventure di Jessica Fletcher e dei suoi amici e conoscenti. Anche adesso, a oltre vent’anni dalla chiusura della serie, esiste e resiste un nutritissimo zoccolo duro di estimatori che continua a non perdersi le immancabili repliche. 

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A un anno dalla sconfitta alle politiche del 2018 e a poco più di 4 mesi dalle dimissioni dell’ex segretario Maurizio Martina, il Partito democratico eleggerà domenica 3 marzo il proprio segretario nazionale nelle primarie. Settemila i gazebo e i seggi allestiti nei circoli democratici da migliaia di volontari, in cui gli elettori potranno recarsi per scegliere il candidato, e le liste a lui collegate, tra Maurizio Martina, Nicola Zingaretti e Roberto Giachetti. I tre si sono confrontati giovedì 28 febbraio per l’ultimo faccia a faccia su Skytg24. A inizio febbraio si era conclusa la prima fase delle primarie nei circoli che hanno coinvolto solo gli iscritti: Zingaretti era risultato il candidato più votato con 88.918 voti, pari al 47,38%; secondo Martina con 67.749 voti pari al 36,10% dei voti; Giachetti 20.887 voti pari all’11,13% degli iscritti. Non avendo nessuno dei tre ottenuto il 50 per cento più uno dei voti, si è passati alla consultazione dei gazebo.

Le urne domenica 3 marzo saranno aperte dalle 8 alle 20 e per votare non sarà necessario essere iscritto al partito. Potranno partecipare tutti i cittadini che “dichiarano di riconoscersi nella proposta politica del Pd – si legge nello statuto dem – di sostenerlo alle elezioni e accettino di essere registrati nell’Albo pubblico degli elettori”. L’età minima per votare è 16 anni. I minori, gli studenti, i lavoratori fuorisede e i cittadini stranieri, comunitari e non, con regolare permesso di soggiorno, dovevano registrarsi online (il termine scadeva il 25 febbraio).

Per sapere il seggio in cui sarà possibile votare bisogna andare su www.pdprimarie2019.it, cliccare sul bottone “trova il tuo seggio“, inserire il nome del proprio Comune e il numero della sezione elettorale (consultabile sulla propria tessera elettorale). Per esprimere la preferenza sarà necessario portare con sé il documento di identità e la stessa tessera. Ogni elettore riceverà una scheda di voto con i nominativi dei tre candidati e delle liste a loro collegate. Per esprimere la preferenza sarà sufficiente tracciare un unico segno su una delle liste del candidato. Votando il nome del segretario, si esprimerà automaticamente la preferenza anche per la lista a lui collegata con i nominativi dei delegati che entreranno nell’Assemblea nazionale del partito, composta da 1000 membri. Per partecipare alla votazione sarà richiesto un contributo minimo di due euro, tranne per gli iscritti al partito in regola con il tesseramento.

Il verdetto dei gazebo però potrebbe non bastare per eleggere al primo round il nuovo segretario. Vincerà infatti il candidato che otterrà la maggioranza assoluta dei membri dell’Assemblea nazionale (50%+1), eletti nelle liste collegate. La proclamazione ufficiale a segretario avverrà durante la prima riunione dell’Assemblea nazionale, convocata entro 15 giorni dalle primarie e già fissata per il prossimo 17 marzo. Se nessuno dei tre raggiungerà la maggioranza, il Presidente dell’Assemblea nazionale indirà, in quella stessa seduta, il ballottaggio a scrutinio segreto tra i due candidati in testa. Sarà eletto segretario colui che riceverà il maggior numero di voti validamente espressi dagli stessi membri dell’Assemblea.

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Toccherà alla conferenza Stato-Regioni trovare una soluzione sulla vicenda dei vitalizi. Come previsto dalla legge di bilancio, infatti, alle regioni che non tagliano l’assegno agli ex consiglieri verranno tagliati i trasferimenti. Tradotto: meno soldi dallo Stato centrale alle Regioni che non adeguano i vitalizi secondo il metodo di calcolo contributivo. Le legge dà tempo ai Consigli regionali fino al 31 marzo per applicare il “taglio“. In alcune Regioni è stato introdotto un contributo di solidarietà a carico degli ex consiglieri che percepiscono il vitalizio, in altre invece tutto è rimasto fermo per timore di ricorsi e contenziosi.

Il taglio del privilegio ha fatto esplodere un vero e proprio caso in Sicilia. Il governo di centrodestra di Nello Musumeci, infatti,  ha deciso di non impugnare la norma dello Stato, come era stato paventato nei giorni precedenti. La palla è passata così all’Assemblea regionale, cui spetta l’eventuale delibera sui tagli dei vitalizi, che gravano sul bilancio per circa 18 milioni di euro all’anno.”Prima deliberiamo e poi ne parliamo. Bisogna formalizzare l’atto, poi la palla passerà al Consiglio di presidenza. Se impugniamo noi la legge diventiamo i difensori del privilegio davanti all’opinione pubblica”, ha detto ieri Musumeci.  Anche perché, aggiunge il governatore “per la Regione significherebbe un taglio di 20 milioni di euro, che non possiamo permetterci” .

Adesso dunque spetta al consiglio regionale muoversi. In Consiglio di presidenza dell’Ars giace una proposta del M5s che si è arenata visti i possibili contenziosi da parte degli ex parlamentari, espressi dall’ufficio legale. Anche perché il presidente del parlamento siciliano, Gianfranco Micciché, è contrario al taglio.  “Non ho nessun appuntamento in programma con Musumeci. Vogliono ridurre i soldi all’Ars? Facciano pure, mica sono soldi miei. Se tagliano risorse, non pagheremo stipendi di deputati e dipendenti, qui ci sono solo spese obbligatorie. Su questo argomento avevo chiesto invece un’indicazione proprio al governo regionale, dopo che gli uffici dell’Assemblea avevano sollevato molti dubbi di legittimità sul taglio ai vitalizi. Ma da Musumeci non mi è arrivata mai alcuna indicazione”, ha detto Micciché all’edizione locale di Repubblica. Il leader di Forza Italia è spalleggiato anche da Pd, con Antonello Cracolici che definisce “assurda” la pretesa di “ricalcolare i vitalizi, pretesa che oltretutto è stata già respinta dall’ufficio legale dell’Ars. È una decisione vergognosa che crea precedenti pericolosi, tutto mi sarei immaginato tranne che vedere Musumeci prostrarsi ai grillini per salvare la sua poltrona”.

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Da che mondo è mondo, il carnevale è la festa socialmente accettata per lasciarsi un po’ andare, il proverbiale detto “A carnevale ogni scherzo vale” ce la dice lunga. La quaresima, da canto suo, incamminata verso la via del tramonto, è stata definitivamente asfaltata dal mondo 4.0 tra social e millennial che ne ignorano il significato (faccia un click chi rispetta il digiuno); il carnevale, invece, lotta e vive insieme a noi.

D’altronde, l’animo umano, lo sappiamo, è più proiettato verso i piaceri che il dovere. E non c’è festa che ci dia più piacere di questa santificata con le maschere. Se non altro perché, dietro la maschera, con la pia illusione di non essere noi, possiamo commettere qualche peccatuccio che ci cova dentro. I più pudici, invece, possono pur sempre mangiare frappe e respirare il cazzeggio che c’è nell’aria. Insomma, a carnevale siamo tutti più leggeri, del tipo “ma che c’è frega, ma che ce ‘mporta”.

Ma c’è uno spettro che s’aggira pure in questa festa: il bigottismo ancien regime. E così, succede che al famoso carnevale di Putignano (un piccolo paese della Puglia con 26 mila abitanti) sfila un carro con due gay che si baciano. Apriti cielo. Realizzato dal maestro cartapestaio Deni Bianco, la scena riprende il famoso Il Bacio di Klimt, solo che al posto dei due fidanzatini ci sono due omoni. Ad aggiungere irriverenza è il nome stesso del carro: Chi è senza peccato scagli la prima mela (e, intanto, i due uomini se la sono già mangiata, la mela). Blasfemia su blasfemia, Eva in confronto era un’educanda. Sembra che il parroco sia tracollato alla vista della scena impertinente. Pure tra gli abitanti c’è un dibattito piuttosto acceso.

Si va dal “Non vedo niente di strano, siamo nel 2019” detto da un gruppo di ragazzi new style al “Non si capisce più niente, queste zozzerie qui non si sono mai viste” di nonna Adelina e dei più intransigenti crociati della dottrina cattolica. Il tema è scottante ed è diventato subito argomento di discussione nei bar e nelle case: tu sei pro bacio gay o contro bacio gay? Il dibattito è aperto. Il maestro Deni Bianco, da canto suo, va dritto per la sua strada, incurante delle critiche: “Amare non può essere mai un peccato. La libertà sessuale è un diritto scontato, eppure quotidianamente offeso da dottrine grette e moraliste” scrive su Facebook. Con buona pace di nonna Adelina e del suo entourage. Mi sorge, però, un dubbio: la libertà sessuale è un diritto scontato? Io non ne sono così sicura, la libertà di fare sesso con chi si vuole è ancora una lotta aperta, vale per le donne, figuriamoci per i gay e peggio ancora per le trans.

A proposito, ve lo immaginate per il prossimo anno un bacio trans?

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Lo storico autista e factotum di famiglia, Arturo Artadi, il personale della villa, un notaio e due avvocati: in totale nove persone accusate a vario titolo di circonvenzione di incapace e ricettazione ai danni di Aurelia Sordi, sorella di Alberto, morta a 97 anni il 12 ottobre 2014. Tutte assolte dal Tribunale di Roma per la vicenda legata al patrimonio dell’attore, morto nel 2003,”perché il fatto non sussiste”. Per il giudice non c’è stato alcun piano orchestrato per appropriarsi dell’eredità della famiglia Sordi, stimata in circa 50 milioni di euro.

“Questo sancisce ancora una volta che il testamento è valido”, afferma Nicoletta Piergentili, legale della Fondazione Sordi che era parte civile al processo e che, secondo quanto scritto nel citato testamento, è unico erede del patrimonio in questione. Il testamento di Aurelia Sordi, che non aveva eredi diretti, ha dato infatti il via a un contenzioso civile ancora in corso tra 37 familiari esclusi dall’eredità e la Fondazione che porta il nome dell’attore. “Accettiamo e rispettiamo la sentenza, un conto però sono le donazioni ai domestici, un conto è l’impugnativa del testamento – sottolinea l’avvocato Andrea Maria Azzaro, difensore dei parenti di Sordi – La partita al tribunale civile è ancora da giocare”.

Il pm Eugenio Albamonte aveva chiesto la condanna a 3 anni e 5 mesi per l’autista Artadi che era stato a servizio dell’attore e della sorella, a 4 anni per il notaio Gabriele Sciumbata e per l’avvocato Francesca Piccolella e a 2 anni per l’avvocato Carlo Farina. Per quanto riguarda gli altri imputati, personale di servizio di casa Sordi, erano state chieste condanne per due anni e sei mesi. Il processo penale sul presunto raggiro cominciò in seguito alla denuncia presentata da una banca che aveva notato movimenti sospetti sui conti correnti della sorella di Sordi.

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Se la ministra per gli Affari regionali Erika Stefani insiste sulle Autonomie differenziate, rivendicando, al di là delle resistenze in casa M5s, che “sono nel contratto di governo” e che l’obiettivo è “chiudere con Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna prima delle Europee”, è il presidente Giuseppe Conte a frenare sui tempi. “Ce’ armonia nel governo perché abbiamo le idee chiare. Ci stiamo adoperando per poter compiere questo percorso nel tempo più breve possibile, prima o dopo le Europee l’importante è fare le cose bene“, ha spiegato, a margine di un incontro a Palazzo Chigi con le Regioni.
Quanto al ruolo delle Camere, se Stefani ha sottolineato come “l’intesa non pare emendabile”, Conte invece si è limitato a spiegare come l’impegno del governo sarà quello di portare avanti “l’interlocuzione nel modo più rispettoso delle prerogative del Parlamento”. Ma senza affrontare il nodo delle possibile modifiche. “Io non sono preoccupato, il dibattito ci deve essere anche perché sarà un grande arricchimento dal punto di vista culturale. Ma dall’altro dico anche che la Costituzione prevede che ci sia la firma dell’intesa tra il presidente della Regione e il Presidente del Consiglio, e io firmo se mi piace il progetto”, ha invece avvertito il presidente della Regione Veneto Luca Zaia

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Dopo le primarie del Pd potrebbero tornare divisioni e conflitti interni? Se qualcuno ha il desiderio di suicidarsi lo faccia. Nessuno impedisce a una persona di fare male a se stesso, è nella natura umana. Di fronte a una situazione così grave, urge preparare una valida alternativa”. Sono le parole pronunciate ai microfoni di InBlu Radio dall’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, che nei giorni scorsi ha fatto un appello per un voto massiccio alle prossime primarie dem.
E spiega: “Il Paese non va bene, bisogna cambiare strada e il Pd è l’unica opposizione che, se pur debole, ha una certa forza. Penso che sia doveroso rafforzare il Pd andando a votare alle primarie. Sarebbe un primo passo utile per camminare in questa direzione. Con un elevato numero di partecipanti, chi dovesse vincere avrà sicuramente più forza. Potrà fare anche delle scelte dure, avere la forza di cambiare le persone e rinnovare il partito. Andare a votare significa affrettare il cambiamento dell’Italia“.
Prodi commenta con toni gravi la situazione economica del Paese: “Qui in Europa non siamo proprio ultimi, quindi è inutile sottovalutare la gravità della situazione. Abbiamo già alle spalle due trimestri con il segno meno. Non è che possiamo andare in una recessione gravissima quando il resto dell’Europa cresce, seppur pigramente. Ma noi siamo la coda di tutti. Una manovra bis? Non so quando farà fatta. Io so solo che è più preoccupante la tenuta del 2020“.

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Allegri sparisce dai social: via i profili del tecnico bianconero

Da questa mattina risultano chiusi gli account Twitter e Instagram dell’allenatore della Juventus. Improbabile che si tratti di un attacco hacker. L’ultimo messaggio risaliva a dopo la sconfitta contro l’Atletico Madrid in Champions League



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Paola Iezzi, la bionda del duo canoro Paola e Chiara, molto popolare tra gli anni Novanta e i primi Duemila, ha spento 46 candeline e ha deciso di raccontarsi in un’intervista al settimanale Oggi. In questi anni non solo ha detto basta alla musica ma ha deciso anche di tornare castana, suo colore naturale. “Da piccola ero una bambina timidissima, a scuola ho imparato ad aprirmi. La crisi è arrivata dopo, sui 30 anni: non mi sentivo bella”, ha svelato.

“Cantare nelle band a 20 anni non c’entra col superamento della timidezza, nella realtà magari non riesci a esprimerti ma l’arte ti dà un ruolo. E nella recitazione mi ritrovo ancora di più. Nei laboratori teatrali o nei film posso esprimere il mio lato oscuro, o il contrario”. E, tornando ai tempi della musica, ha voluto rispondere alla sorella Paola che aveva dichiarato di aver attraversato un periodo difficile proprio a causa della fine del loro sodalizio artistico: “Ognuno ha la propria versione dei fatti. Io posso parlare solo per me. Sono adulta sulla vita dell’altro sento di non avere potere né responsabilità. Ho capito che la vita è breve, non potevo restare quella che ero vent’anni fa, non posso essere l’eterna sorella maggiore che deve dare l’esempio. Cerco di tenere le redini della mia, di vita. Navigo a vista, con umiltà e costanza”.

“Non è stato facile. Quel mondo mi ha dato tanto, mi sentivo in colpa. Ma non volevo ripetere un copione già visto. La musica ti assorbe troppo: prima devi isolarti per comporre, poi lanci il disco, poi parti in tour. Praticamente non ero più io, non avevo tempo nemmeno per pensare. Ho sempre saputo che non sarei invecchiata cantando”, ha spiegato poi. “Per anni ho pensato che avere una vena malinconica fosse terribile. Se sei sotto i riflettori, la gente ti vuole allegra, spiritosa, pimpante. Ora mi amo così”.

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Kingdom Hearts III è forse uno dei titoli che più ha fatto soffrire gli appassionati negli ultimi anni, arrivando in questo inizio 2019 sull’attuale generazione di console e vedendo Square Enix provare a soddisfare il sogno dei fan della saga.

Sora, Paperino e Pippo – i protagonisti della saga – affrontano un nuovo viaggio, che li vede attraversare molti mondi Disney nella speranza di vedere il primo dei tre, il prescelto del Keyblade, recuperare propri poteri sopiti, ricominciando li dove tutto era rimasto in sospeso nell’ultimo capitolo della saga. Nonostante l’intenzione di creare un capitolo che potesse accontentare gli appassionati della saga ed al contempo avvicinare nuovi giocatori  a Kingdom Hearts 3, vedendo il gioco contenere video riassuntivi di ogni capitolo uscito in precedenza, in alcuni punti del gioco risulta ancora un po ostico comprendere la trama complessiva, dato che nel grande affresco pensato da Tetsuya Nomura, padre della saga, non esistono capitoli secondari o spin off, ma solo una lunga storia narrata da anni su tante console.

Dopo questa premessa doverosa, non si può dire che il gioco sia carente su altri punti di vista, la grafica ad esempio è splendida e rende vivo ogni mondo che il giocatore avrà la possibilità di visitare durante l’avventura, con un’esplosione di effetti particellari ed effetti speciali degni delle produzioni Disney che ispirano i vari livelli del gioco. Incredibile anche il quantitativo di effetti e nemici mostrati contemporaneamente su schermo, senza che se ne perda in fluidità e senza particolari incertezze, donando cosi un esperienza di gioco divertente e mai noiosa.

Il sistema di combattimento è uno dei punti di forza di questo capitolo, che pescando a piene mani dai suoi predecessori riesce ad accontentare sia i player alle prime armi che gli affezionati alla saga di Sora Pippo e Paperino, trovando sotto la superficie un sistema appagante e vario, che vi darà modo di liberarvi degli heartless in tantissimi modi diversi.

Che dire poi delle musiche che, oltre ai temi strettamente Disney, vedono Kingdom Hearts 3 regalare ampie suite degne di essere suonate da orchestre (cosa che per altro avviene regolarmente, come l’appuntamento di ottobre al Teatro Arcimboldi di Milano), rendendo sicuramente l’esperienza di gioco memorabile anche dopo il suo finale, rimanendo con il giocatore e cullandolo in quella che sicuramente è la chiusura di un cerchio, ma non necessariamente la fine di un’avventura.


L’importanza di un gioco come Kingdom Hearts 3 cosi a lungo rimandato è proprio questa, non solo qualitativamente elevato ma importante per tutti i giocatori che da anni aspettavano la chiusura di una storia cosi importante nell’universo videoludico, lasciando spazio a quello che verrà, nel bene e nel male di questa saga; in conclusione Kingdom Hearts III è un gioco che affascina e diverte ma che sulle prime potrebbe spiazzare i novizi della saga, uno scoglio scavalcabile con l’aiuto di qualche riassunto trovato in internet o con il recupero dei capitoli precedenti, ma che se vissuto porta il giocatore in un viaggio colorato e meraviglioso, fatto di coraggio e amicizia.

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Con un governo che cambia i contratti, non sta ai patti, cambia le leggi e le fa retroattive l’Italia non è affidabile dice il ministro Giovanni Tria, riferendosi alla vicenda Tav Torino-Lione, e nessuno viene da noi a fare investimenti. Ma il titolare del Ministero dell’Economia dov’era quando per la ricostruzione del ponte di Genova è stata fatta una consultazione di mercato senza bando e senza nessuna trasparenza, cui ha partecipato tra gli altri il gruppo cinese CCCC che ha appena terminato il ponte più lungo del mondo (55 km) in Cina? Questo gruppo aveva fatto l’offerta con il miglior rapporto costo/qualità/tempi. Peccato che il vincitore fosse già deciso, cioè il Consorzio Nazional-Politico-Istituzionale guidato da Fincantieri e comprendente Italferr (gruppo FS) e Inpregilo.

Ma tra i più famosi voltafaccia italiani va ricordata anche la mancata privatizzazione di Alitalia che ha portato il partner olandese Klm a recedere unilateralmente dalla Joint venture. Correva l’anno 2000 e il governo era un altro. E ancora avevamo un grande costruttore austriaco: Strabag, che stava costruendo la Pedemontana lombarda ai tempi di un altro governo ancora, ma prima le si impedisce per anni di costruire per nascondere il fatto che mancano i soldi, e poi per tagliare la testa al toro (e ben altro alla credibilità nazionale) si rescinde il contratto, salvo poi risedersi al tavolo con la Stabag per risolvere il maxi-contenzioso proprio in questi giorni.

Il fallimento e il rallentamento dei progetti infrastrutturali che riducono la capacità della spesa pubblica e degli investimenti privati, soprattutto stranieri, deriva non solo da limiti burocratici. E’ completamente sbagliato l’approccio seguito per il project financing, strumento largamente utilizzato in Europa ma fallimentare in Italia. Il project financing implica che il soggetto pubblico confezioni progetti che convincano il privato a rischiare con i propri capitali confrontandosi con altri concorrenti sulla base di una procedura di gara credibile, a partire dalla certezza delle disponibilità finanziaria. Nel resto d’Europa si avviano le opere solo con i contratti di credito firmati dalle banche già in fase di gara, o immediatamente dopo, per poter essere valutati come investitori credibili, invece i contratti ancora non ci sono, o sono solo ora in corso di negoziazione o di rinegoziazione, come nel caso attuale di Pedemontana Lombarda e Veneta (nella lista delle grandi opere bloccate), con il forte rischio di una scopertura finanziaria incompatibile con l’avanzamento dell’opera.

Il project financing, dunque, deve e può essere uno strumento che certifica anche il buon operato dell’amministrazione committente e della sua credibilità: solo progetti convincenti e con un buon rapporto costi/benefici potranno ottenere la copertura di finanziamenti privati. Ma questo non sembra essere stato compreso dagli amministratori regionali o statali, che anziché dagli investitori privati, colano dalle labbra del Ministro dell’Economia e dal Cipe per farsi finanziare progetti che il più delle volte non stanno in piedi e che appena partiti fanno schizzare i costi all’insù.

Se i progetti a fondo perduto sono spesso una palla al piede il project financing delle infrastrutture è l’uovo di Colombo per autorizzare qualsiasi progetto autostradale grazie al federalismo dei trasporti. Una sorta di bacchetta magica del mercato. Mancano progetti di qualità inseriti in una pianificazione della mobilità: la Tav si arenerà a Torino, come si è arenato il Traforo del Gottardo a Como, come si impantanerà a Pavia il terzo valico e il Brennero a Bolzano e Verona, che delinei priorità e obiettivi pubblici delle opere sulla base di seri bilanci costi-benefici, che considerino anche i costi ambientali, fiscali e sociali.

Il mercato non dispone di bacchette magiche, le risorse pubbliche diminuiscono diminuendo la produzione di ricchezza e aumentando il debito. Senza credibilità delle stazioni appaltanti italiane difficile cogliere delle opportunità per molti progetti spacciati per finanziati dai privati ma invece sostenuti da garanzie pubbliche e da contributi pubblici. Sorprendente è il caso della Tangenziale Est Milanese che ha potuto disporre di 330 milioni di defiscalizzazione, della Brebemi di 320 milioni di aiuti di Stato e della Pedemontana lombarda di 400 milioni di defiscalizzazione. Tutto a gara conclusa.

Sempre nel caso delle autostrade regionali si assiste a una palese inversione di ruoli: il pubblico non fa programmazione della mobilità né pianificazione delle infrastrutture, si limita a fare da cassetta da ricettacolo per ogni proposta che venga da lobby più o meno organizzate di imprese o di costruttori, compilando elenchi sempre più interminabili senza un preciso disegno e senza garanzie e, spesso, senza adeguate qualità progettuali. Caro ministro Tria, è da qua che devi partire.

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In tanti si ricordano di lui, lui che durante la tragedia di Rigopiano salvò tre bambini, Ludovica, Edoardo e Samuel, rimasti incastrati nella sala biliardo dell’hotel travolto dalla valanga. Falco, il cane eroe, è morto per via di una mielopatia degenerativa che nell’ultimo periodo gli aveva impedito l’uso delle zampe posteriori. A dare l’annuncio della scomparsa del bellissimo animale è Fabrizio Cataudella, il vigile del fuoco di Latina che proprio con Falco ‘faceva coppia’ nella ricerca di persone scomparse. Il pastore tedesco è stato soppresso così da porre fine alle sue sofferenze: “La belva, indolore, ti ha portato alla paralisi degli arti posteriori in troppo poco tempo e, per te, abituato a stare tra boschi e campi aperti, non era più una vita degna. Guardarti venirmi incontro, festoso come sempre, ma percepire giorno per giorno il tuo peggioramento ed essere impotente è stato straziante. Mentre scrivo piango, perché forse avrei dovuto farlo prima, ma non trovavo il coraggio per tale gesto”, ha scritto il vigile del fuoco su Facebook. “Abbiamo avuto momenti duri in cui potevamo fidarci solo l’uno dell’altro e mi sei sempre stato affianco – continua ancora – Siamo stati operativi in interventi delicati, dove spesso sentivamo addosso la responsabilità di dare una risposta a chi da noi aspettava buone notizie. A volte è successo ed altre invece no… Abbiamo spesso interagito coi bambini e tu, coi tuoi 38 kg, passeggiavi tra loro, paziente a farti accarezzare. Per te era tutto un gioco e fino all’ultimo giorno mi hai conteso fiero la palla..la Tua palla!”.

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Le hanno sequestrate per oltre tre ore in una stanza e hanno abusato almeno di una di loro. Con questa accusa cinque ragazzi, tre maggiorenni e due minorenni, sono stati arrestati stamane dai carabinieri della compagnia di Como. Secondo la ricostruzione i giovani, in parte ubriachi e sotto l’effetto di stupefacenti, hanno chiuso quattro minorenni in una camera, minacciando di buttarle dalla finestra e poi “con modalità da branco” – come affermano i carabinieri – hanno preso di mira una sedicenne, abusandone e prendendola a morsi.

L’episodio che ha portato in carcere i cinque giovani – tre di origine albanese e due marocchini, di età compresa tra i 17 e i 19 anni – risale al pomeriggio del 14 luglio scorso ed è avvenuto nell’appartamento di uno degli arrestati, nella zona del Canturino, dove gli amici avevano invitato le quattro ragazze, tutte minorenni. Sia per le procure di Como e dei Minori che per i due giudici delle indagini preliminari, la condotta del gruppo ha reso necessaria la custodia cautelare per concorso in violenza sessuale di gruppo, lesioni e sequestro di persona. I due minorenni sono anche accusati di detenzione e spaccio di marijuana

L’indagine è partita alcuni giorni più tardi sulla base di una segnalazione arrivata ai carabinieri di Rebbio. Uno degli arrestati è stato rintracciato dai carabinieri a Stradella (Pavia).

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Cancellazione del doppio mandato nel M5s? Il mio giudizio è negativo. Anche se la regola fosse stata eliminata tempo fa, non sarei comunque rimasto Movimento, perché del M5s del 2009 in quello odierno di Di Maio non è rimasto praticamente niente“. E’ il giudizio del sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, ospite di Omnibus (La7).
E aggiunge: “Solamente a fine dicembre del 2018, quindi neppure ere geologiche fa, su Facebook Di Maio scriveva in modo lapidario che il vincolo del doppio mandato non sarebbe stato messo in discussione, oltre a una serie di cose che oggi sono completamente smentite. Riguardo alle elezioni regionali in Sardegna, alcuni hanno detto che l’11% è un buon risultato perché alle scorse elezioni il M5s non c’era. Nessuno, però, ha scritto che i 5 Stelle alle scorse regionali sarde non c’erano perché hanno litigato, si sono spaccati prima ancora di candidarsi e hanno preferito non entrare in competizione”.
L’ex M5s continua: “Ci sono dei problemi storici, che l’indubbia crescita a livello nazionale ha sopito. Ma oggi arrivano al pettine. Ora che sono al governo, quando saranno costretti ad aumentare l’Iva o a fare delle scelte fortemente impopolari, che magari faranno cadere questo esecutivo, non so come il M5s riuscirà ad alzarsi. E’ evidente che oggi Di Maio è in affanno. In una intervista ha detto che loro non faranno mai un partito, come se il M5s non lo fosse già da anni, perché non vogliono una struttura iper-verticistica che decide. La frase fa ridere in sé, visto che, come si è dimostrato sul quesito relativo al caso Diciotti sulla piattaforma Rousseau, c’è comunque un capo politico che, di fatto, decide tutto”.
Pizzarotti conclude: “Nei suoi valori, il M5s in quanto tale è morto. Questo non vuol dire che Di Maio non proverà a fare qualcosa da solo un domani. Le percentuali del consenso nazionale si sgonfieranno, come hanno dimostrato le elezioni regionali in Sardegna. Gran parte dell’elettorato del M5s delle origini non c’è più e si è ritirato nel non voto. Gli elettori di oggi, tante volte, prendono per buono a prescindere quello che avviene e tendono più a porsi in antagonismo rispetto agli altri partiti che a portare avanti obiettivi e valori comuni”.

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Questa sera in consiglio dei Ministri dovrebbe approdare la riforma del codice degli appalti. Nato per contrastare la corruzione nelle piccole e grandi opere, oggi viene additato dal governo giallo-verde come freno all’avio dei cantieri. Per il sottosegretario al ministero dei Trasporti ed Infrastrutture, il leghista Armando Siri: “questo codice va cancellato e totalmente riscritto”. “Per cuore la malattia della corruzione abbiamo scatenato degli anticorpi che non solo non riescono a curare la malattia, ma hanno distrutto l’organismo, quindi è stata una reazione eccessiva – afferma il sottosegretario – siamo l’unico Paese che ha un ente ulteriore (l’Anac, ndr) contro la corruzione, sembra che diamo per scontato che siamo tutti corrotti e dobbiamo curarci, io penso che sia il contrario: siamo tutti persone corretti fino a prova contraria, quindi dobbiamo alleggerire il codice che secondo me va questo codice va cancellato e totalmente riscritto”. E quale sarà il futuro dell’Anac? “Smettiamola di prendere medicine per curare una malattia che ha bisogno invece di piangere buonsenso e di meno burocrazia”.

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Patrizia Bonetti, ex fidanzata di Gianluca Vacchi e concorrente dell’ultima edizione del Grande Fratello, è stata aggredita a Milano, fuori dal cinema Odeon, vicino a piazza Duomo. A dare la notizia è Corona Magazine, il giornale online dell’ex re dei paparazzi Fabrizio Corona, secondo cui la giovane influencer sarebbe stata “picchiata con un casco da tre donne“, sotto gli occhi della sua amica Aida Yespica “Patrizia ha cercato di difendersi nonostante la netta minoranza, mentre Aida ha provato a chiedere aiuto ai passanti e ha chiamato le forze dell’ordine”, si legge su Corona Magazine, secondo cui le tre donne, non contente delle botte, l’avrebbero anche presa per i capelli strappandole diverse ciocche.

Il giornale online ha pubblicato anche una foto della giovane subito dopo l’aggressione, in cui si vedono i capelli strappati. “Patrizia è ricoverata in ospedale – si legge ancora sul magazine – e non ha voluto raccontare nulla ai media riguardo questo evento traumatico“.

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Da anni si parla di fuga di cervelli, di limitato numero di studenti che accedono all’università, nonché dello scarso valore competitivo degli atenei italiani rispetto a quelli stranieri. Abbiamo, quindi, voluto verificare quale sia la situazione delle nostre università rispetto a quelle di alcuni Paesi europei, da quelli ritenuti più competitivi (Francia, Germania, Gran Bretagna) a quelli a noi più simili (Spagna) o distanti (Polonia).

Numero di iscritti – Partendo dalla situazione interna (Tab. 1, vedi in fondo) risulta che, esaminando gli ultimi anni accademici disponibili (2011/2012 – 2016/2017), ogni anno sono circa 1,7 milioni gli iscritti, di cui un sesto circa nuovi immatricolati. Questa popolazione universitaria pesa, nell’insieme, per meno del 3% sull’intera popolazione italiana e, in termini di immatricolazioni, appena lo 0,5%. Interessante è il dato della consistenza delle studentesse iscritte e immatricolate rispetto agli studenti, con un gap a favore delle femmine di oltre il 10%.

Genere – Sia rispetto alla media Ue (3,8%) (Tab.2) che nel raffronto con i Paesi prima citati (3,7% di Germania e Francia, 3,6% di Gran Bretagna, 4,2% di Spagna e 4,4% di Polonia), l’Italia risulta ultima per incidenza della popolazione universitaria sul totale della popolazione (2,8%), mentre la minoritaria presenza maschile è in linea con quella dell’Ue (45,9%) e di singole nazioni, con la sola eccezione della Germania, che, in controtendenza, registra un numero di studenti maschi del 52,1% sul totale iscritti. In Italia (Tab. 3) si può notare come la prevalenza femminile sia una nota caratteristica a qualunque livello di analisi: nelle lauree triennali, in quelle a ciclo unico, nella specialistica.

Tipo di laurea – Negli anni accademici 2011-2017, la composizione dei laureati per area di studio (Tab. 4) non è cambiata: l’area sociale (intorno al 38%) rimane quella più importante, seguita da quella scientifica, che nell’anno 2016/2017 ha superato il 32%, mentre le lauree nel settore sanitario si continuano ad attestare sotto il 13% e quelle umanistiche sono in decrescita, passando dal 19,1% (2011/2012) al 17,6% (2016/2017).

Voti – Un altro aspetto indagato ha riguardato il voto di laurea (Tab. 5): oltre un quarto degli universitari consegue un voto tra il 91 e il 100, ma oltre il 20% si laurea con il massimo e la lode o con un voto compreso tra 106 e 110. A tale buon risultato vanno aggiunti (Tab. 6):

1. un corso di studi regolare, che riguarda – con un trend in crescita negli ultimi anni – circa la metà degli universitari;
2. l’effettuazione di tirocini e stage (56%-57%);
3. la laurea a 26 anni;
4. il buon livello di soddisfazione rispetto al proprio cursus (circa 9 su 10).

Emigrazione – Ma non tutti i laureati, subito o dopo esperienze lavorative spesso deludenti, rimangono in Italia (Tab. 7). Nel giro di un quinquennio (2012-2016) è aumentato del 70% il numero di coloro che espatriano, con una preferenza crescente per la Gran Bretagna (+185,2%) e la Germania (+77,7%), così come per il Sud America+122,1% Brasile; +96,5% Argentina.

Spesa per l’istruzione – Il confronto con gli altri Paesi europei (Tab. 8) evidenzia una spesa per istruzione sul totale del Pil di 0,9% sotto la media Ue e di 0,3% al di sotto di quella specifica universitaria. Né sembra che il reddito pro capite o il Pil nazionale influenzino la consistenza della popolazione universitaria o la spesa per l’università, che anzi in Polonia ad esempio è altissima (oltre il doppio della media Ue e dei principali Paesi della Comunità), pur a fronte di Pil e reddito pro capite inferiori.

Tasse – Né un terziario forte (Tab. 9) che dovrebbe favorire la richiesta di laureati – almeno per l’Italia -, né il regime di tassazione vigente nelle università sembrano influire sull’affluenza negli atenei. La Spagna (Tab. 10), con un costo della vita più basso di quello italiano e con tasse pressappoco simili alle nostre, conta più laureati dell’Italia, come anche la Gran Bretagna, pur con tasse altissime (circa 10mila euro per il primo ciclo e 5mila per il secondo).

Alla fine, sembrerebbe che la scelta universitaria dipenda da un atteggiamento mentale, da una filosofia di vita, dal valore che si attribuisce allo studio e forse al riscontro che il laureato trova nella società, nel lavoro adeguato alle sue aspettative e rispondente al merito. Certo è che, se si guarda il numero di premi Nobel attribuito ai Paesi considerati (Tab. 11), negli ultimi anni (1990-2017) l’Italia non fa certo una bella figura, piazzandosi al penultimo posto, con appena 3 premi, a fronte dell’Inghilterra che ne ha 31. Forse la laurea serve anche a questo?

Ha collaborato Mariano Ferrazzano

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Non vedere rimane un dolore. Un dolore che rispetto, che è diventato mio mentore e che nessuno deve mai permettersi di trattare a parte me. Mi ha reso la donna che sono e sono felicissima. Non vedere per me è stata un’opportunità”,  ha dichiarato Annalisa Minetti a Vieni da me. L’assenza della vista le ha permesso di percepire in modi differenti la standing ovation che le è stata riservata a Ora o mai più, programma del sabato sera a cui partecipa in gara: “Mi fa soffrire l’idea che la gente non se lo ricordi. Non voglio essere trattata da non vedente, mai, ma non voglio che la gente dimentichi che lo sono. Ed è un filo sottilissimo tra le due cose, è una gara tra la mia autonomia e le mie fragilità. Vorrei che ci fosse rispetto sia per l’una che per l’altra cosa”, ha spiegato nel corso della chiacchierata con Caterina Balivo.

Proprio nello show condotto da Amadeus si è lasciata andare a un pianto liberatorio: “La gente doveva vedermi anche in quelle vesti. Non mi ha dato fastidio, ho sentito il bisogno di farlo, volevo che la gente sapesse che c’è un’Annalisa che soffre e che sa convivere con il suo dolore”. L’ex vincitrice di Sanremo e concorrente a Miss Italia ha poi spiegato di stimare molto Ornella Vanoni e che le sue critiche l’hanno ferita: “Mi piace moltissimo, ha un modo sofisticato di porsi, è bella, è elegante, è sciccosa ecco. Ho sofferto molto questo percorso di Ora o mai più, perché in realtà tra i miei coach preferiti c’era lei. Quindi sentire da lei alcuni tipi di critiche mi ha ferito più di altri. Mi sono proprio irrigidita, le ho proprio sofferte, le ho patite. Tendenzialmente credo molto in me sotto l’aspetto musicale. Ci sono espressioni che si utilizzano per arrivare in alto che possono risultare piacevoli o meno, ma sono stata credo penalizzata dal fatto che ho dovuto cantare canzoni in tonalità impossibili”, ha  concluso la Minetti. Sabato su Rai1 andrà in onda la finale di Ora o mai più, chi si aggiudicherà la vittoria?

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L’Italia è ancora uno stato di diritto o ci siamo trasformati in uno stato che non tutela più i nostri diritti?“, con questa domanda si apre la lettera che Paki Valente scrive al sito Dagospia. L’ex marito della comica Anna Marchesini, scomparsa a luglio 2016 dopo una lunga malattia, afferma di essere al centro di una battaglia legale che coinvolge sua figlia Virginia: “Il tribunale tutelare di Roma su mia esplicita richiesta pochi mesi fa, ha stabilito che mia figlia avesse un Amministratore di Sostegno Permanente che si occupi di proteggere la sua eredità. Ho richiesto un amministratore allo stato al solo scopo di proteggere l’eredità di mia figlia da terzi; parenti inclusi”.

Valente continua il suo sfogo: “Scopro solo ora grazie al mio avvocato del foro di Roma Avv. Maria Cristiana Gambarota, che ci sarebbe in atto un procedimento a Perugia per adottare mia figlia Virginia. La legge ha il dovere di ascoltare i genitori, eppure sembra ci siano state alcune udienze senza di me, suo padre”. La ragazza ha oggi 25 anni e l’ex della Marchesini, con cui non aveva rapporti da tempo, è rimasto sorpreso del fatto che, pur essendo riconoscibile e rintracciabile, nessuno lo avesse trovato.

“Rimango attonito sul come sia facile in una società di diritto come la nostra,  spostare e o trasformare un provvedimento gia’ in essere del Tribunale Tutelare di Roma ad un altro procedimento al Tribunale di Perugia senza che l’unico genitore rimasto in vita di Virginia; ne sapesse nulla. Se non fosse stato per il mio avvocato, io non avrei saputo nulla e non potrei oppormi; e mi sarei ritrovato la mia unica figlia adottata da parenti di terzo grado. Le domande che mi pongo sono: ma se mia figlia non avesse ereditato un ingente patrimonio; costoro si sarebbero dati da fare allo stesso modo? E l’amminrstratore di sostegno permanente dello stato  che ha il dovere di proteggere mia figlia: dove era? “, ha concluso Valenti a Dagospia.

 

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“La Tav? Entro la prossima settimana ci sarà una decisione, questo è certo”. Lo ha detto il ministro delle infrastrutture e trasporti, Danilo Toninelli, a margine di un evento al Mit. “Spero vivamente che si torni a parlare di altri cantieri. Stiamo sbloccando cantieri bloccati da anni se non da decenni. L’unico cantiere sospeso è quello del Tav. L’analisi costi benedici è arrivata pochi giorni fa, è composta da 100 pagine che necessitano, anche alla Lega, qualche giorno di lettura con dei tecnici che gliela devono spiegare. Poi nei prossimi giorni facciamo un incontro con Conte e i due vicepremier e chiariremo tutto e, nonostante punto di partenza distanti troveremo una soluzione. Se riusciamo, e riusciremo, a chiudere entro la settimana prossima non avremo nemmeno il problema dei bandi”

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Il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli ha comunicato una nuova scadenza entro cui il governo italiano prenderà una posizione definitiva sulla grande opera. “Entro la prossima settimana prenderemo una decisione” sulla Torino-Lione, “questo è certo”, ha detto a margine di una conferenza stampa in occasione della presentazione della Conferenza nazionale sul trasporto aereo. “Nei prossimi giorni faremo un incontro con il premier Giuseppe Conte e i due vicepremier Di Maio e Salvini e chiariremo tutto. E nonostante i punti di partenza distanti arriveremo ad una decisione”. E ha poi aggiunto di non essere preoccupato per la partenza dei bandi: “I bandi Telt, se dovessero partire, rappresentano una ricognizione per 6 mesi. Non partono i bandi ma parte solo una ricognizione. Se riusciamo, e ci riusciremo, a chiudere” sulla Tav “entro la prossima settimana, non avremo neanche il problema dei bandi”.

Poi, intervistato da “L’Aria che tira” su La7, ha anche replicato alle parole del ministro dell’Economia Giovanni Tria che si espresso contro lo stop: “Ci si deve attenere al contratto che deve essere rispettato”, ha detto. “C’è un contratto”, che “Tria deve rispettare”. Quindi ha definito il Tav “uno dei tanti cantieri”: “E’ tecnicamente falso dire che la politica infrastrutturale è il Tav, no no no”. Toninelli ha ricordato poi che “ridiscutere integralmente il Tav” era contenuto nel contratto di governo discusso a “un tavolo dove Tria non c’era“. E ha concluso: “C’è una una narrazione ossessiva nei confronti del Tav che è uno dei tanti cantieri”. Ovvero: “Stiamo aprendo tanti cantieri” in tutta Italia e cita, fra gli altri, “la 106 jonica, ferma da anni, il quadrilatero Umbria-Marche” e altre opere in Sicilia. “Io spero vivamente che oltre alla Tav si torni a parlare degli altri cantieri, stiamo sbloccando cantieri bloccati da anni e da decenni. Non è assolutamente vero che ci sono cantieri fermi, l’unico bloccato è quello della Tav”. Infine ha annunciato che farà un tour sui cantieri in corso in questi mesi: “Di questi 600 cantieri la stragrande maggioranza sono regionali e stiamo concludendo gli stati di avanzamento. Con Conte faremo un tour dei cantieri e proveremo che la narrazione che ci addebita il blocco dei cantieri è falsa”.

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Madre Renzi rinviata a giudizio per concorso in bancarotta fraudolenta

Lo ha deciso il gup del Tribunale di Cuneo. Contestati i contatti con una società cuneese, la Direkta srl fallita nel maggio 2014 e coinvolta in una vicenda di fatture false. L'amministratore della società, Mirko Provenzano, è già stato condannato



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Flash mob dei Radicali in piazza Montecitorio “Accendiamo il dibattito” per rilanciare il dibattito sulla legalizzazione della coltivazione e del commercio della cannabis. Riccardo Magi si è appellato a Roberto Fico affinché calendarizzi il dibattito in Aula sul tema della legalizzazione a fronte delle oltre 70mila firme raccolte nel 2016 per legalizzazione produzione, commercio e autoproduzione della cannabis in Italia.

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La madre di Matteo Renzi, Laura Bovoli, è stata rinviata a giudizio oggi dal Tribunale di Cuneo con l’accusa di concorso in bancarotta fraudolenta per i contatti con una società cuneese, la Direkta srl fallita nel maggio 2014 e coinvolta in una vicenda di fatture false. L’amministratore della società, Mirko Provenzano, è già stato condannato per reati fiscali e ha patteggiato per la bancarotta.

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Costantino Della Gherardesca risponde, da una location segretissima, alle notizie che lo riguardano trapelate su alcuni giornali di gossip: “Sono ingrassato 2 kg? Rosico per la quantità di soldi che guadagna Frank Matano? Si rifarà Pechino Express?”

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Tutti i possibili segretari del Pd sono d’accordo: il principale partito di centrosinistra non farà la patrimoniale una volta tornato al governo del Paese. Evitare la tassa sui cittadini più facoltosi mette d’accordo Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti che, nel corso del confronto su SkyTg24, rispondono con un secco “no all’ipotesi di introdurre una imposta patrimoniale nel caso andassero alla guida del Paese.

Diversa l’opinione sulla giustizia, il conduttore ha chiesto ai tre un’opinione sull’arresto dei genitori di Matteo Renzi. “Qualcuno ha parlato di giustizia a orologeria”, ha fatto notare. “La giustizia italiana é malata, l’ho pensato per certe cose capitate a Berlusconi, a Mastella, perfino per certe intercettazioni della Raggi. Colpisce nomi illustri e se ne parla, ma tanta gente subisce ingiustizie. Va riformata a prescindere di chi é colpito”, ha detto Giachetti. “Rispetto per i magistrati”, ribatte Maurizio Martina mentre Zingaretti: “Non credo alla giustizia a orologeria”.

Più simili le opinioni su altri temi, a partire alleanze. “Mai con il M5s“, è il tema che ha trovato concordi i tre aspiranti segretari. “Mai con il M5s, la destra e Lega” ma una “alleanza con le persone”, ha detto il governatore della Regione Lazio.  “Qualcuno ci vuole riportare all’Unione, che una volta al governo vedeva i partiti litigare tutti i giorni . Voglio andare avanti, mantenendo l’aspirazione alla vocazione maggioritaria, offrire una proposta univoca al Paese”, la linea dell’ex candidato sindaco di Roma. “Mai con M5s e Fi senza. Pensarci maggioritari anche in questo tempo, è decisivo”, ha detto l’ex ministro dell’Agricoltura.

Anche sui numeri delle primare i tre condividiono ottimismo: Zingaretti ha indicato la cifra di un milione, mentre  Martina ha parlato di 2 milioni. Giachetti non si è sbilanciato ma ha insistito su un successo in termini numerici. “Imboscate non ne temo in Assemblea, ci sarà un confronto sui contenuti se nessun candidato supera il 50% alle primarie”, ha detto il governatore della Regione Lazio.  “Noi siamo gli unici che portiamo le persone fisicamente a votare per scegliere la propria classe dirigente. Per le primarie farlocche di Salvini hanno votato 5mila persone, Di Maio è stato scelto con 37mila click. Mi auguro che vengano tante persone, lavoro per un numero alto”, è l’opinione di Giachetti.

Anche sul reddito di cittadinanza le opinioni sono molto simili. “È una polpetta avvelenata, va cambiato e usare i soldi per chi crea lavoro”, dice Giachetti. Per Zingaretti “il Reddito di cittadinanza non va abolito ma cambiato in maniera radicale, facendo investimenti per creare posti di lavoro. Era molto meglio il reddito di inclusione fatta dal Pd”.

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Il sindaco di San Ferdinando Andrea Tripodi ha emesso un’ordinanza con cui ha disposto l’immediato sgombero della tendopoli che ospita i migranti impegnati in attività agricole nella Piana di Gioia Tauro. Nella tendopoli, nell’ultimo anno, si sono verificati incendi che hanno provocato la morte di tre migranti. L’ordinanza, tradotta in francese, inglese e arabo, è stata notificata a quanti vivono nella tendopoli. Il 24 febbraio la prefettura di Reggio Calabria aveva iniziato i trasferimenti volontari negli Sprar e nei Cas.

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Il signor Alves Rodrigo ha attuato circa 60 interventi chirurgici per assomigliare il più possibile a un bambolotto che raffigura il compagno di Barbie e cioè Ken. Migliaia di ragazze vivono il dramma dell’anoressia perché non possono accettare di non avere più un corpo da adolescente. La pubblicità ha fissato questo standard di bellezza perché in questo modo la stragrande maggioranza delle donne sarà eternamente insoddisfatta e, quindi, eternamente alla ricerca di un vestito, una scarpa o un accessorio che mitighino la distanza dal corpo dell’adolescente standard.

Ricordo una ragazza di 26 anni sempre in lotta col suo peso. Dopo un periodo in cui si sentiva bella e avvenente, verso i 18 anni, cominciò a mettere qualche chilo sui fianchi e nel sedere. A quel punto intraprese una dieta rigida che la portò ad avere un corpo scheletrico. I suoi genitori si preoccupavano per il suo aspetto macilento e cercavano di imporle di mangiare. Più però loro insistevano più lei si intestardiva a rimanere magra. Si guardava allo specchio continuamente e aveva una distorsione percettiva per cui notava degli accumuli di carne anche se in realtà era tremendamente sottopeso.

Questa ragazza portava alle conseguenze estreme quello che capita in milioni di sue coetanee, l’ossessione per la dieta e il cibo. In questo modo non pensava al suo futuro, a costruire un suo progetto di vita, ma solo al presente fatto di conteggio ossessivo delle calorie. I soldi che guadagnava venivano usati per le abbuffate, i vestiti da Barbie e uno o due viaggi all’anno. Era divenuta la perfetta adepta di una sorta di religione dedita al consumismo.

Nel periodo fra il 3 e il 5 marzo a Modena si terrà un congresso internazionale sul tema dei disturbi del comportamento alimentare. È chiaro che l’aspetto medico, sia psicoterapico che internistico, è importante per affrontare questi drammi. Occorre però che, accanto, si attui sulla popolazione un intervento educativo per fronteggiare e spiegare il messaggio subliminale della pubblicità, che vuole renderci infelici per farci divenire docili consumatori.

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Ieri i dati Istat, oggi quelli Nielsen. Con numeri e tendenze completamente opposte per quanto riguarda la fiducia dei consumatori, seppur prendendo in considerazione riferimenti temporali diversi tra loro. Nella fattispecie, se ieri l’Istituto di statistica aveva sottolineato che a febbraio l’indice in questione era in calo per quanto riguarda sia i consumatori che le imprese, a distanza di 24 ore l’azienda di misurazione e analisi dati ha fornito un quadro ben diverso, se pure riferito agli ultimi mesi del 2018. In particolare, a leggere il rapporto Nielsen la fiducia dei consumatori italiani nel quarto trimestre 2018 continua a crescere, arrivando a quota 70 punti, marcando un incremento di 1 punto rispetto al trimestre precedente. In crescita anche su base tendenziale (+2 punti) e in continuità con quanto accaduto nel penultimo trimestre 2018 (luglio-agosto-settembre). Per quest’ultimo riferimento temporale, poi, è evidente la differenza con quanto fotografato dall’Istat, che ad agosto 2018 aveva parlato di indice di fiducia in calo sia da parte dei consumatori che delle imprese.

In attesa di capire chi tra Istat e Nielsen abbia ragione, restano da analizzare i dati dell’azienda privata attiva in oltre 100 paesi. A sentire Nielsen, su base trimestrale la fiducia dei consumatori è in aumento anche per quanto riguarda la media Mondo (+1 punto, da 106 a 107), mentre invece cala di tre punti la media del continente europeo (si ferma a 84 punti). In particolare, è risultato compromesso l’indice di fiducia dei consumatori francesi, che perde ben 13 punti rispetto al trimestre precedente, e 15 rispetto allo stesso periodo 2017. La fiducia dei consumatori, rispetto al periodo luglio/settembre cala anche in Regno Unito (-4 punti, da 102 a 98), in Spagna (-3 punti, da 97 a 94) e in Germania (-2 punti, da 106 a 104). I numeri di questi Paesi sono però in linea con l’indice registrato alla fine del 2017. “L’ultimo aggiornamento della Consumer Confidence Survey – ha spiegato Roberto Pedretti, Group President di Nielsen per il Sud Europa – sembra confermare le aspettative positive degli italiani, al contrario dei propri cugini d’Oltralpe. Migliorano, infatti, la percezione della propria situazione finanziaria, la propensione all’acquisto e le aspettative occupazionali. La stabilità dei fatturati della GDO, che ha chiuso l’anno  con un +0,3% su base tendenziale, è in linea con il sentiment generale“.

La conferma alle parole di Pedretti arrivano anche dalla propensione al consumo, che cresce di 2 punti percentuali (arrivano quindi al 27% quanti ritengono sia il momento giusto per fare acquisti). Parallelamente sale, dal terzo al quarto trimestre 2018, la percentuale di chi è positivo riguardo lo stato delle proprie finanze (33%, +1pp) e, se aumenta il numero di persone che ritiene che il Paese sia in recessione (79%, +1pp), aumentano sensibilmente anche coloro che credono che si uscirà dalla recessione nel 2019 (21% vs. 15% nel trimestre precedente, e 11% nel Q4 2017). Fa registrare un incremento, però, la percentuale di italiani che adottano misure per risparmiare: sono il 56%, +3pp rispetto al trimestre precedente. Le principali voci di riduzione delle spese riguardano i pasti e l’intrattenimento fuori casa (indicati come possibile taglio rispettivamente dal 59% e dal 56% dei rispondenti), l’abbigliamento (54%) e i prodotti alimentari (il 39% passa/passerebbe a marchi più economici). Si risparmia anche su vacanze e soggiorni brevi (38%), sull’acquisto di oggetti per la casa (35%), su gas e elettricità (35%), sull’utilizzo dell’auto (35%), su spese telefoniche (29%), e sui device elettronici (26%).

Una volta coperte le spese essenziali (bollette, rate del mutuo, affitti, etc.) e accantonati i risparmi, tra le preferenze d’acquisto degli italiani spiccano proprio l’abbigliamento (47%) e i viaggi (39%, -6pp, data anche la conclusione del periodo estivo e “vacanziero”), seguiti dal divertimento fuori casa e dai nuovi prodotti tecnologici, rispettivamente al 35% e 28%. Si usa il denaro “in più” anche per saldare prestiti (17%), ristrutturazioni domestiche (17%), fondi pensione (13%), fondi di investimento (10%). Il 18% del campione dichiara tuttavia di non potersi permettere spese ulteriori a quelle essenziali, arrivando a fine mese senza avere accantonato nulla per gli extra. L’analisi di Nielsen prende anche in considerazione le principali preoccupazioni degli italiani. In prima posizione c’è sempre il posto di lavoro (indicata dal 18% dei rispondenti, stabile vs. trimestre precedente). Seguono le preoccupazioni per l’economia nazionale (14%, in aumento) e per la salute (10%, in aumento). Si riducono lievemente le apprensioni relative a stabilità politica (4%) all’immigrazione (5%) e a ordine pubblico/criminalità (6%). La preoccupazione per l’aumento del costo delle utenze, invece, cresce di 2pp (8%).

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L’edizione 2019 del Mobile World Congress – la grande fiera internazionale dedicata alla telefonia mobile – volge al termine. Oggi è infatti l’ultimo giorno di questa manifestazione che, mai come quest’anno, ha restituito più dubbi che certezze al mercato smartphone. Il settore ha vissuto un 2018 complicato, le vendite hanno rallentato e le stime per i prossimi 12 mesi sono tutt’altro che rassicuranti.

In questi casi, come sempre avviene nel mondo digitale, le aziende protagoniste sono chiamate a quello che può essere definito “il salto tecnologico”, vale a dire l’introduzione di un’innovazione che possa ridare slancio ai dispositivi in termini di vendite. L’esempio lampante sono proprio gli smartphone, che hanno consentito a realtà come Apple di trasformarsi in colossi economici, sopravvivendo alla crisi del mercato dei computer.

Le due tecnologie individuate per immettere nuova linfa nel mercato sono il 5G e gli smartphone pieghevoli. La prima rappresenta l’evoluzione del 4G, una rete internet ultraveloce di nuova generazione, di cui trovate un approfondimento – che invitiamo a recuperare – a questo link. La seconda invece vede il principale rappresentante nel Mate X di Huawei, presentato proprio nel corso del Mobile World Congress 2019.

Lo scenario attorno al 5G è particolarmente complesso, specie in Italia. Potenzialmente, da un punto di vista tecnico, le applicazioni in ambito pratico sono infinite. Questo nuovo standard di rete dovrebbe definitivamente far esplodere il settore della domotica, ovvero dell’automazione di tutti i dispositivi elettronici che si hanno in casa (elettrodomestici, impianti di riscaldamento, sistemi di sicurezza), grazie soprattutto alla sua capacità di trasmettere i segnali a distanza con una latenza praticamente nulla.

Gli smartphone sarebbero ovviamente al centro di questa rivoluzione, tutto si controllerebbe dal loro schermo, e in più l’altissima velocità offerta dal 5G rappresenterebbe un vantaggio anche per le operazioni che si compiono attualmente: ad esempio, nella diretta di un evento sportivo in mobilità non ci saranno più rallentamenti del filmato, oppure per fare il download di un film ci vorranno pochi secondi.

Tutto molto bello, sulla carta però. La realtà è che la diffusione del 5G verso l’utente finale procede a rilento. Quando a dicembre 2018 si è tenuto lo Snapdragon Tech Summit, evento organizzato alle Hawaii dall’americana Qualcomm, abbiamo avuto modo di provare sul campo il nuovo standard di rete. In quell’occasione gli operatori statunitensi Verizon e AT&T hanno approntato appositamente un sistema di antenne, ma la velocità di navigazione è stata deludente.

In Italia non siamo messi meglio. Il problema legato alle frequenze da liberare per la diffusione del 5G rappresenta un ostacolo importante. Non a caso, recentemente, TIM e Vodafone hanno annunciato un accordo per la creazione di una rete mobile condivisa. Impensabile fino a qualche tempo fa.

Dall’altra parte gli smartphone pieghevoli, cioè con schermi in grado letteralmente di ripiegarsi su sé stessi, sono apparsi quasi come il Santo Graal del Mobile World Congress 2019. Esposti sotto teche di vetro, senza alcuna possibilità di toccarli con mano (anche per noi addetti ai lavori): dal Mate X di Huawei al Galaxy Fold di Samsung, passando però anche per brand meno noti come la cinese TCL.

Tecnicamente, specie nel caso del Mate X, si tratta di piccoli capolavori di ingegneria, ma la decisione di non farli neppure toccare suggerisce che non siano poi così pronti ad arrivare sul mercato. Del resto la commercializzazione è prevista non prima di maggio, a prezzi dai 2.000 euro in su e con pochissime unità disponibili.

Per quanto vederli dal vivo sia un’esperienza per certi versi impressionante, si fatica oggi a comprenderne la reale utilità, anche perché ci sarebbero una serie di aspetti da considerare. Innanzitutto la resistenza nel tempo di uno schermo pieghevole, che viene sollecitato in maniera mai vista fino a oggi. In secondo luogo, la possibilità di sfruttare concretamente questi display: quando Mate X viene “aperto”, si ha a disposizione un pannello quadrato, ma banalmente i video di YouTube o di Netflix sono in formato rettangolare.

Senza dimenticare il prezzo. Quando i primi smartphone sono arrivati sul mercato, seppur costosi, erano ben lontani dalle cifre richieste per i pieghevoli. In un settore che ha bisogno di una nuova spinta in termini di vendite, pensare di potersi affidare a prodotti che, per i primi anni, potranno essere acquistati da una ristretta cerchia di utenti, è quantomeno singolare.

In un’analisi condotta da Credit Suisse, si prevede che nei primi 3 mesi del 2019 verranno spediti 289 milioni di telefoni cellulari. Vorrebbe dire un crollo di quasi il 20% rispetto allo stesso periodo del 2018. All’orizzonte non si vedono dispositivi in grado di sostituire gli smartphone, così com’è successo in passato per i computer, ma le aziende devono trovare in fretta la soluzione per uscire da questo stallo. Saranno i pieghevoli? Forse, ma dovranno essere solidi e resistenti e a prezzi decisamente più abbordabili. Al momento appaiono frutti non ancora maturi.

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