L’ad di Eni Claudio Descalzi, che all’epoca dell’acquisizione di Opl 245 era “il numero 2 della più importante azienda italiana nonché primaria società politica mondiale”, sarebbe stato “prono di fronte alle pretese di Luigi Bisignani, cioè di un privato cittadino il cui nome era già emerso in alcune delle inchieste più scottanti e note della storia giudiziaria italiana”. È la riflessione del giudice per l’udienza preliminare di Milano Giusy Barbara nelle motivazioni della sentenza di condanna a 4 anni dei due presunti mediatori. Descalzi è tra gli imputati in dibattimento ed è stato rinviato a giudizio un anno fa insieme a l’ex ad Paolo Scaroni e Bisignani.

La “sequenza degli eventi descritti” – scrive il giudice nelle oltre 300 pagine di motivazioni delle condanne del 20 settembre scorso a 4 anni di reclusione per Obi Emeka e Gianluca Di Nardo, presunti mediatori, “e il contenuto delle comunicazioni analizzate non lascia perciò alcun dubbio sul fatto che l’intera procedura di acquisto di Opl 245 da parte di Eni sia stata costellata dall’inizio e per tutta la sua durata da un’impressionante sequenza di anomalie, che per quantità e qualità dei manager coinvolti necessariamente devono essere state avallate dai vertici della società e non trovano alcuna logica giustificazione se non negli illeciti accordi spartitori sottostanti, prospettati dalla pubblica accusa”.

Il verdetto in abbreviato dello scorso settembre è la prima sentenza a Milano sulla vicenda della ipotizzata maxi tangente da 1 miliardo e 92 milioni versata, secondo l’accusa, da Eni e Shell a politici e burocrati della Nigeria e, si ipotizza, anche a manager del gruppo italiano per l’acquisizione del giacimento. La decisione era arrivata all’indomani dell’assoluzione della compagnia petrolifera italiana, del suo ex ad Paolo Scaroni e dell’attuale numero tre, Antonio Vella, per la presunta maxi bustarella versata in cambio di commesse in Algeria per la quale, invece, sono stati condannati Saipem e i suoi ex manager.

Secondo il giudice è’ “provato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che effettivamente nell’ambito dell’operazione di acquisto della licenza di prospezione petrolifera Opl 245 alcuni manager del gruppo petrolifero italiano abbiano progettato e verosimilmente realizzato” il “piano criminoso di incrementare il prezzo pagato da Eni in modo da ottenere” la “restituzione in nero di una consistente somma di denaro, nell’ordine di 50 milioni di dollari, da spartirsi tra loro“. “L’individuazione dei singoli responsabili di questa condotta illecita, perpetrata ai danni di Eni dai suoi dirigenti coinvolti nell’affare Opl 245 – scrive il gup – non compete a questo giudice, non essendo costoro imputati in questo procedimento celebrato con rito abbreviato”.

Per il caso Eni-Nigeria sono imputati con rito ordinario anche altre 11 persone. Per il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro, titolari dell’indagine, sarebbe stato Scaroni a dare “il placet alla intermediazione di Obi”, presunto mediatore della maxi tangente, “proposta da Bisignani” e Descalzi, all’epoca dg della divisione Exploration&Production Eni, sarebbe stato invitato “ad adeguarsi”. Sia Scaroni che Descalzi, secondo l’accusa, avrebbero incontrato “il presidente” nigeriano Jonathan Goodluck “per definire l’affare”.

 

L'articolo Tangente Eni Nigeria, per gup di Milano vertici “avallarono illeciti” e l’ad Descalzi “prono di fronte a pretese di Bisignani” proviene da Il Fatto Quotidiano.



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